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Descrizione
Il castagno (nome scientifico Castanea sativa) è un fruttifero diffuso largamente nella nostra penisola e in tutta l’area del mediterraneo. È considerato un frutto minore in quanto la sua produzione non è di primaria importanza come può essere ad esempio quella del melo.
La pianta di castagno vegeta in maniera ottimale in collina a quote di 500-600 m fino a zone pedemontane sui 1000-1200 metri.
Per quanto riguarda la morfologia della pianta, il castagno è un albero che raggiunge in condizioni naturali altezze che vanno dai 25 ai 30 metri. Queste dimensioni sono raggiunte anche dalle piante coltivate su innesto franco, dimensioni più ridotte si possono avere con diversi tipi di portainnesti. Il castagno è una pianta anemocora: ciò significa che la dispersione del polline è affidata al vento.
Sebbene la specie di castagno sia una pianta monoica, è anche autosterile ciò significa che per l’impollinazione è necessario coltivare più varietà. Alcune varietà di marrone sono però astaminiche cioè i fiori non producono il polline e quindi le piante non sono capaci di autofecondarsi.
I frutti si formano in numero variabile da uno a tre all’interno di ricci, le piante incominciano la produzione dopo circa 4 anni dalla germinazione. La produzione non è sempre costante durante le diverse annate, infatti è possibile che ad una grossa produzione caratterizzata da frutti di media o piccola grandezza ne segua una con una quantità di frutti minori ma di più grande dimensione.
La differenza tra le normali castagne e i marroni sta prima di tutto nelle dimensioni e nella forma. I marroni sono più globosi, hanno una forma tipicamente ovale od ovale-ellittica, al loro interno la polpa non è attraversata dalla pellicola che rimane solo esternamente a protezione. La polpa inoltre è più zuccherina e dopo la cottura riesce a restare intatta senza sfarinarsi come avviene nelle normali castagne. Di conseguenza, per le caldarroste (cotte sulla brace)si usano di preferenza i marroni, più dolci, più grandi e più facili da spelare, mentre le castagne che crescono da alberi spontanei non innestati vengono per lo più usate per la produzione di farina.
I castagneti ben tenuti a cui vengono fornite tutte le cure necessarie sono molto longevi, una singola pianta di castagno può superare anche il secolo di vita.
Di particolare interesse è il suo legno che viene utilizzato per varie lavorazioni risultando essere molto resistente. I boschi di castagno destinati alla produzione di legna vengono definiti paline di castagno.
Principali varietà italiane
Marrone
Marrone di Lione
Marrone dell’Amiata
Marrone di Viterbo
Marrone di San Mauro
Marrone biondo dell'Appennino bolognese
Marrone di Castel del Rio
Castagna
Salvaschina
Bracalla
Carpinese
Napoletana
Garrone nero
Garrone rosso
Gentile
Riggiola
Pistolese
Tempestiva
Per ottenere una buona produzione di frutti è necessario coltivare diverse cultivar prestando attenzione anche alle associazioni tra di esse. Infatti, malgrado si tratti di una specie arborea i cui fiori di entrambi i sessi si trovano sullo stesso albero (specie monoica), il castagno domestico non è in grado di auto-fecondarsi. Per essere impollinato, esso dipende quindi di un altro albero (fecondazione incrociata). Il castagno possiede i caratteri tipici sia delle specie impollinate ad opera di insetti (entomogamia) che di quelle impollinate dal vento (anemogamia).
Terreno
Il castagno necessita di un terreno sciolto mediamente fresco e profondo, sono ottimali i terreni ricchi di scheletro con pH possibilmente di 5-6,5. Valori più alti non sono tollerati dalla pianta per correggerli consultare il paragrafo sulla concimazione.
Sono da evitare i terreni calcarei e molto compatti. Sono da preferire i terreni pianeggianti e quelli leggermente in pendenza dove si può avere una raccolta molto agevolata.
Esposizione
Le esigenze in fatto di esposizione non sono particolari tuttavia una collocazione ottimale del castagneto può favorire la resa in termini di raccolto. È meglio scegliere un terreno libero lontano dall’ombra di grandi alberi o boschi vicini.
La Castanea sativa è una specie eliofila necessita quindi di un esposizione totale al sole. Ci sono però alcune differenze da fare in base alla tipologia di terreno. I castagneti coltivati su terreni in pendenza prediligono un orientamento sud-est o sud. Nelle zone più fredde sono da evitare gli orientamenti a est e nord.
Anche la collocazione del castagneto (nord o meridione) può essere diversa, ad esempio al nord un castagneto viene coltivato dai 200 fino ai massimo 900 metri. Al sud invece la coltivazione avviene fino ai 1200-1300 metri con un orientamento però a nord-est oppure sud-est.
Sesti di impianto
I sesti di impianto per il castagno variano a seconda del portainnesto utilizzato e della fertilità del terreno. Per i portainnesti su franco le distanze sono di 10 metri tra le file e tra le piante. I terreni invece più poveri possono avere una densità di impianto maggiore con una distanza tra le file di 8 m e 7 m tra le piante. Le distanze tuttavia variano anche in funzione della varietà scelta.
I sesti di impianto cambiano però anche a seconda della varietà coltivata. I marroni ad esempio (le varietà a frutto grosso) richiedono una distanza di 8 metri tra le piante e 9 metri tra le file. Gli ibridi euro-giapponesi invece necessitano di circa 6 metri tra le piante e 7 metri tra le file.
Portamento e caratteristiche della pianta
La pianta di castagno può raggiungere dimensioni considerevoli, in natura la sua altezza massima è di 30 metri con un estensione della chioma di circa 15 metri. L’albero di castagno ha un portamento colonnare e una chioma globosa molto espansa, quindi le distanze di impianto minime richieste sono abbastanza ampie.
La singola pianta di castagno presenta sia fiori femminili, facilmente riconoscibili con il loro aspetto a riccio e sia fiori maschili i cosiddetti amenti. Le piante però sono autosterili e per l’impollinazione è richiesta la presenza di varietà diverse.
Come per altre piante da frutto anche il castagno è soggetto al fenomeno dell’alternanza della produzione, si avranno quindi annate con una produzione abbondante seguite da altre con produzione scarsa o talvolta quasi nulla. Non c’è quindi da allarmarsi se nel proprio castagneto si verifichino questi fenomeni. Non tutte le piante manifestano l’alternanza della produzione lo stesso anno, si possono avere piante molto produttive e altre meno produttive nella stessa stagione. Tramite interventi mirati di potatura dopo gli 8-9 anni di età si potrà limitare questo fenomeno.
Forme di allevamento
Le forme di allevamento del castagno assecondano principalmente il portamento naturale della chioma, si può dire quindi che non c’è una vera e propria forma di allevamento ma una serie di interventi che assicurano un buon stato di sviluppo delle ramificazioni.
La pianta di castagno (Castanea sativa) è una specie eliofila, ciò significa che necessita di un ambiente aperto e un esposizione in pieno sole per poter vegetare al meglio. La chioma dovrà essere allevata attentamente, deve svilupparsi in modo uniforme ed equilibrato. Di conseguenza le distanze di impianto dovranno tenere conto anche di questo aspetto, pena il facile deperimento delle ramificazioni laterali colte da seccume (malattia comune su questa specie).
Malattie, parassiti e avversità
Le malattie che interessano questa pianta possono colpire sia i frutti che la parte vegetativa e sono in numero piuttosto elevato, bisogna quindi intervenire in tempo effettuando i dovuti trattamenti e attuando una strategia di lotta che preveda anche un attenta osservazione e diagnosi nonché una prevenzione.
Le malattie batteriche pericolose per il castagno sono:
Cancro rameale
Marciume della polpa dei frutti (Gnomoniopsis castanicola)
Anche gli insetti possono provocare danno ai frutti e alla pianta tra di essi:
Dorcus spp.
Tra le malattie più diffuse troviamo il cancro della corteccia (vedi foto), comparso nel XX. secolo e proveniente dagli Stati Uniti dove ha decimato la popolazione di castagno una volta molto diffusa. All'arrivo in Europa ha invece assunto una forma ipovirulenta che non porta più alla morte della pianta ma solo a quella di alcune branche. Essendone la cura molto incerta e dispendiosa, è ormai consigliata solo la rimozione e l'eliminazione delle branche malate in fase di potatura. Il mal d'inchiostro, diffuso già nel secolo precedente, ha trovato recentemente una possibile spiegazione della sua origine nella carenza di azoto: la tradizionale pratica culturale della rimozione dal castagneto di ogni presenza vegetale non necessaria ai fini della raccolta (come erba, foglie secche, ricci) avrebbe alla lunga impoverito i terreni inducendo la malattia. Recentemente si è diffusa su quasi tutto il territorio nazionale un parassita nuovo, chiamato cinipide del castagno o vespa cinese (Dryocosmus kuriphilus).
La vespa cinese
Il cinipide del castagno o vespa cinese (Dryocosmus kuriphilus) è un imenottero detto galligeno perché induce la comparsa di ingrossamenti tondeggianti detti galle su germogli e foglie delle piante colpite nei quali la sua larva compie il ciclo vitale.E' particolarmente dannoso per il castagno e le specie affini: viene considerato infatti l'insetto più nocivo a livello mondiale a causa del veloce deperimento delle piante che attacca. Il cinipide attacca i germogli delle piante ospiti causando la formazione di galle, arrestandone la crescita vegetativa e provocando una riduzione della fruttificazione. Infestazioni gravi possono portare al deperimento della pianta.
Distribuzione
Esso è originario della Cina, poi introdotto in Giappone e in Corea, solo in seguito negli USA. La sua diffusione è stata molto rapida anche grazie all'assenza di limitatori naturali in grado di contenerne la diffusione.
Ha fatto la sua comparsa in Europa nel 2002 con i primi avvistamenti in Italia nella provincia di Cuneo. Negli ultimi anni si è diffuso ulteriormente, interessando 15 delle 20 regioni italiane. Nel 2009 infatti Dryocosmus kuriphilus risulta assente solamente in Valle d'Aosta, Basilicata, Molise, Sicilia, Puglia e Calabria. Nel 2011 ha pesantemente infestato anche la Liguria. Nel 2016 ha colpito nuovamente la Campania, dopo un'annata in cui ne era stata limitata la diffusione.
Inoltre è presente in Francia, Slovenia e Svizzera.
Lotta biologica
Negli anni 70 viene scoperto in Cina l'imenottero parassitoide Torymus sinensis Kamijo interessante per la sua specifica capacità limitatrice. Le prime introduzioni del parassita furono effettuate in Giappone a partire dal 1982 dove si è insediato abbattendo la popolazione del cinipide in un arco di tempo di circa dieci anni. Tale esperienza è valsa a finanziare un progetto della Regione Piemonte finalizzato all'introduzione del parassitoide nel territorio della regione. Dal 2003 si è iniziato dapprima con uno studio in laboratorio degli esemplari adulti ottenuti da galle raccolte in Giappone, e poi negli anni successivi si è passati alll'introduzione in pieno campo, con effetti di un'impennata della parassitizzazione nel 2009. Analoghe iniziative sono state intraprese dalle altre regioni investite del problema.
Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha registrato, solo nel corso del 2014, diversi lanci di Torymus sinensis nelle regioni più colpite d'Italia:
12 lanci in Val d'Aosta
60 lanci in Piemonte
60 lanci in Lombardia
18 lanci in Trentino Alto Adige
24 lanci in Veneto
56 lanci in Emilia Romagna
56 lanci in Liguria
118 lanci in Toscana
40 lanci nelle Marche
30 lanci in Umbria
116 lanci nel Lazio
46 lanci in Abruzzo
184 lanci in Campania
40 lanci in Basilicata
116 lanci in Calabria
20 lanci in Sicilia
A questi lanci bisogna sommare le iniziative curate dalle Associazioni castanicole che hanno monitorato 500 lanci nel 2013 e 1000 lanci nel 2014.